domenica 7 dicembre 2008

La sindrome dell'arbitro

Ogni democrazia ha bisogno di un sistema di pesi e contrappesi e di regole condivise per funzionare. E' pura necessità. Tuttavia, nella nostra nazione, anche quello che dovrebbe essere un banale fondamentale viene invece distorto da una visione delle cose ideologica e faziosa, figlia di un paese che ha vissuto 65 anni di guerra civile. I guerreggianti di una nazione che per 50 anni si è divisa tra comunisti ed anticomunisti, e negli ultimi 15 tra berlusconiani ed antiberlusconiani, avranno serie difficoltà a ritenere credibile ed autorevole un qualsiasi organo di garanzia. E' nella culla della repubblica, la costituente, che abbiamo contratto la sindrome dell'arbitro, o SDA, l'eterno sospetto che, per l'appunto, l'arbitro sia cornuto: in Italia è viralmente diffusa, dal calcio alle istituzioni. A differenza dell'esercizio critico del legittimo dubbio, che è sempre nel merito ed episodico, la sindrome dell'arbitro è il sospetto di essere fregati fatto sistema. La guerra tra le procure di Catanzaro e di Salerno ne è un esempio scolastico: neanche l'arbitro degli arbitri, il CSM, viene considerato in buona fede, e perciò se ne indaga il vicepresidente. E' una malattia grave, la SDA, perchè una volta contratta diventa cronica. E fa anche un sacco di danni, perchè sfalda il tessuto sociale ed amplifica la sensazione dell'esistenza di due (o più) Italie, entrambe manicheamente convinte di essere dalla parte del giusto, entrambe convinte che chiunque le giudicherà sarà schierato sul versante opposto. Ricostruire l'Italia come Nazione passa necessariamente dalla guarigione dalla SDA. Riconnettere il tessuto sociale vuol dire anche restituire dignità ed autorevolezza alle istituzioni, soprattutto a quelle che garantiscono l'ordinato svolgersi della vita civile. Ma il vero cambio di rotta deve esserci nella coscienza civile degli italiani che, fuori da schemi ideologici, debbono riscoprirsi popolo. Non si guarirà mai dalla SDA se la guerra civile fredda, che da troppo tempo ci divide, non troverà una soluzione. Il PDL, che aspira ad essere il primo grande partito nazionale della storia repubblicana, può rappresentare questa soluzione, se riuscirà a rappresentare organicamente tutte le forze vive del nostro paese. A noi, che ci accingiamo a costruirlo, l'onore e l'onere di mantenere viva la fiaccola della speranza.

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