giovedì 11 dicembre 2008

Perché la sinistra italiana odia la ricerca?

Sono rimasto stupito leggendo le dichiarazioni di Vincenzo Cerami, Ministro ombra dei Beni Culturali, rilasciate all'indomani dello scivolone in commissione Esteri del governo, battuto a causa delle assenze sul D.L. 180. Stupito perchè le sue esternazioni in merito alla ricerca e alle pubblicazioni dei ricercatori e professori, bollate come "inutili, pretestuose e improvvisate a mero scopo carrieristico", stridono decisamente con l'ardore con cui il PD e il movimento degli studenti hanno difeso la qualità della ricerca italiana che, nonostante il cronico sottofinanziamento, viene additata a modello di virtù. Provocatoriamente verrebbe da chiedersi se, dato che le pubblicazioni prodotte dal sistema italiano della ricerca sono "inutili, pretestuose etc. etc.", sia saggio investirvi sopra altre risorse, cioè se il contribuente con le sue tasse dovrebbe finanziare ulteriormente un sistema incapace di produrre vera ricerca. Nelle parole di Cerami c'è un germe di verità: spesso e volentieri, le pubblicazioni del sistema universitario italiano non hanno un elevato "impatto" scientifico, non sono cioè citate da altri ricercatori sulle più prestigiose riviste di settore, e si registrano troppe pubblicazioni nelle case editrici di Ateneo e dipartimento, senza quindi nessun controllo scientifico (su questi temi si rimanda a L'Università truccata, Roberto Perotti, Einaudi 2008). In generale manca in Italia l'uso di indicatori obiettivi per verificare la qualità della ricerca, come "l'indice di impatto standardizzato", e la cultura della peer rewiew, cioè la valutazione anonima da parte di esperti del settore scientifico sulla pubblicazione. Sono convinto che l'introduzione di criteri del genere non possano che far bene all'università italiana, e che il sistema di valutazione dei professori introdotto dal D.L. 180 senza questi indicatori sarà inevitabilmente troppo buonista, valuterà troppo bene i mediocri.
Ma dubito che Cerami abbia fatto valutazioni di questo tipo, perchè chiede contestualmente che si valuti la didattica. Ora, non esiste niente di meno valutabile obiettivamente della didattica. Chi per me può essere un ottimo professore, per te può essere un'odioso e severo rompiballe. Chi può dire chi ha ragione? La verità è che spingere per la valutazione della didattica significa cercare un'ulteriore scappatoia per chi, non producendo ricerca o producendone a livello molto basso, vuole usare il punteggio assegnato alla didattica per essere valutato più positivamente, senza alcun controllo obiettivo. In poche parole, come tutti gli indicatori nebulosi, la valutazione della didattica favorirebbe i peggiori professori del sistema. Mentre possiamo immaginare che chi produce ricerca di alto livello, essendo appassionato della sua materia può essere contestualemte un ottimo insegnante, niente ci fa pensare che chi ha smesso da anni di pubblicare, poco aggiornato sulle utime novità del suo settore scientifico, sarà un buon insegnante.
Dopo le dichiarazioni di Cerami, quindi, constatiamo che l'opposizione al D.L. 180 da parte del PD e della sinistra è quantomento strumentale, e che probabilmente è in realtà la voce delle lobby universitarie che vogliono conservare lo status quo quella che sentiamo ogni giorno. Nei prossimi giorni affronterò altri temi connessi alla riforma universitaria, perchè l'Università è, a mio parere, il nodo gordiano da sciogliere se l'Italia vuole tornare ad essere quella che fu nei suoi momenti migliori.

domenica 7 dicembre 2008

La sindrome dell'arbitro

Ogni democrazia ha bisogno di un sistema di pesi e contrappesi e di regole condivise per funzionare. E' pura necessità. Tuttavia, nella nostra nazione, anche quello che dovrebbe essere un banale fondamentale viene invece distorto da una visione delle cose ideologica e faziosa, figlia di un paese che ha vissuto 65 anni di guerra civile. I guerreggianti di una nazione che per 50 anni si è divisa tra comunisti ed anticomunisti, e negli ultimi 15 tra berlusconiani ed antiberlusconiani, avranno serie difficoltà a ritenere credibile ed autorevole un qualsiasi organo di garanzia. E' nella culla della repubblica, la costituente, che abbiamo contratto la sindrome dell'arbitro, o SDA, l'eterno sospetto che, per l'appunto, l'arbitro sia cornuto: in Italia è viralmente diffusa, dal calcio alle istituzioni. A differenza dell'esercizio critico del legittimo dubbio, che è sempre nel merito ed episodico, la sindrome dell'arbitro è il sospetto di essere fregati fatto sistema. La guerra tra le procure di Catanzaro e di Salerno ne è un esempio scolastico: neanche l'arbitro degli arbitri, il CSM, viene considerato in buona fede, e perciò se ne indaga il vicepresidente. E' una malattia grave, la SDA, perchè una volta contratta diventa cronica. E fa anche un sacco di danni, perchè sfalda il tessuto sociale ed amplifica la sensazione dell'esistenza di due (o più) Italie, entrambe manicheamente convinte di essere dalla parte del giusto, entrambe convinte che chiunque le giudicherà sarà schierato sul versante opposto. Ricostruire l'Italia come Nazione passa necessariamente dalla guarigione dalla SDA. Riconnettere il tessuto sociale vuol dire anche restituire dignità ed autorevolezza alle istituzioni, soprattutto a quelle che garantiscono l'ordinato svolgersi della vita civile. Ma il vero cambio di rotta deve esserci nella coscienza civile degli italiani che, fuori da schemi ideologici, debbono riscoprirsi popolo. Non si guarirà mai dalla SDA se la guerra civile fredda, che da troppo tempo ci divide, non troverà una soluzione. Il PDL, che aspira ad essere il primo grande partito nazionale della storia repubblicana, può rappresentare questa soluzione, se riuscirà a rappresentare organicamente tutte le forze vive del nostro paese. A noi, che ci accingiamo a costruirlo, l'onore e l'onere di mantenere viva la fiaccola della speranza.

sabato 6 dicembre 2008

Nasce Nove Novembre

Un freddo sabato mattina nasce Nove Novembre. Perchè proprio 9/11? Naturalmente, è la data in cui, nell'89, cadde il muro di Berlino: questo blog vuole dare un contributo alla caduta degli ultimi muri anche qui in Italia. Privilegi, ingiustizie, sacche parassitarie hanno scandito la vita, pubblica e privata, degli ultimi sessant'anni della nostra Nazione. Penso che questa legislatura possa essere fondamentale per ripartire da zero. Rappresentare un punto di rottura, e di non ritorno, rispetto al passato. E penso che le forze più sane della mia generazione, quella dei ventenni e dei trentenni di oggi, non debbano lasciarsi sfuggire l'occasione di contribuire a questa rivoluzione. Ecco perchè nasce Nove Novembre... Spero che chi condivide con me il sogno di un'Italia migliore, più rispettata sul piano internazionale, con una classe dirigente in grado di affrontare le sfide di oggi e di domani, partecipi attivamente al progetto di questo blog, con un piccone in mano e la convinzione che il domani apparterrà a noi.